È la conseguenza del ristagno del cibo nell’ingluvie, tanto più se si tratta di pezzetti grossolani di patata, carota, barbabietola ecc. od altri costituiti da cellulosa indigeribile come frammenti di baccelli, bucce ecc.
La diagnosi dell’accidente é facile in quanto il gozzo si presenta alla palpazione ora assai consistente (cibostasi) ed ora molle perché in parte occupato dal gas generatosi col processo fermentativo.
L’animale non mangia e non beve, mentre sbadiglia frequentemente e lascia colare dal becco un liquido vischioso e puzzolente: cresta e bargigli divengono violacei.
L’intervento da attuarsi é il seguente: innanzitutto si tiene l’animale a completo digiuno per una giornata e gli si somministra a viva forza un cucchiaino di olio di ricino od un cucchiaio di olio comune e con ripetute palpazioni e massaggi, sulla zona enfiata, si cerca prima di mescolare bene l’olio al cibo ristagnante e quindi si tenta di fare defluire il tutto verso il ventriglio e, se non si riesce, si massaggia in senso inverso in modo da favorire il vomito.
Raggiunto che si abbia lo scopo, si tiene ancora per qualche giorno il pennuto a dieta, dandogli tre volte al giorno del succo di limone, o del caffé, o lasciandogli bere a volontà acqua con un pizzico di bicarbonato. Di solito entro pochi giorni l’animale si rimette.
Ma alle volte non si riesce nello scopo: non resta allora che di tentare la ingluviotomia, praticando, con una lametta tagliente e disinfettata e dopo aver spiumata la zona, un taglio nel collo sino all’interno del gozzo: con le dita se ne asporta allora il contenuto, indi con una soluzione disinfettante si lava la parte ed infine si cuce con filo bianco, prima il viscere e poi la pelle terminando con una pennellatina di tintura di iodio sulla ferita. Ciò fatto si tiene l’animale in luogo tranquillo, appartato dai compagni, alimentandolo, nei tre giorni successivi unicamente con pastoni fluidi.